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New insight into the origin of the Earth, its bulk composition and its early evolution

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Immaginare la storia delle origini della Terra

Ogni cosa ha un’origine, anche il pianeta Terra. Per capire meglio quella del nostro pianeta, i ricercatori stanno leggendo le rocce terrestri ed extraterrestri, alcune delle quali risalgono ai primi giorni del sistema solare.

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La Terra è un po’ un’anomalia. Ospitando la vita da quasi 4 miliardi di anni, possiamo affermare che non c’è un posto simile, almeno nel nostro sistema solare. Ma cosa rende la Terra così unica? La risposta a questa domanda giace sepolta in profondità sotto i nostri piedi. «Gli eventi che si sono verificati durante o poco dopo la formazione del sistema solare hanno avuto un enorme impatto sul mantello terrestre e sulle sue caratteristiche geochimiche», afferma Maud Boyet, ricercatrice presso l’Università di Clermont Auvergne. «Se potessimo vedere la composizione del materiale di partenza, quello su cui è stato essenzialmente costruito il nostro pianeta, saremmo in grado di capire meglio l’origine della Terra e forse anche di trovare esopianeti simili ad essa.» Purtroppo, per tutti gli scopi pratici, quel materiale è inaccessibile e sicuramente non osservabile. Quindi agli scienziati non resta che cercare di capire l’evoluzione del mantello terrestre osservando il materiale che si trova qui in superficie. Ma, come spiega Boyet, anche questo compito è complesso. «Abbiamo a disposizione pochissimi campioni che risalgono alle prime centinaia di milioni di anni della storia della Terra», prosegue. Con il sostegno del progetto ISOREE, finanziato dal Consiglio europeo della ricerca, Boyet sta tentando un approccio diverso, che combina la geochimica isotopica, la petrologia sperimentale, la spettroscopia e i modelli più avanzati per studiare i primi giorni della Terra.

La prova di una collisione

Utilizzando analisi isotopiche combinate e di alta precisione, il progetto ha analizzato un gran numero di rocce terrestri ed extraterrestri, alcune risalenti a 3,5 miliardi di anni fa. Così facendo, è stato in grado di definire con precisione la composizione isotopica della Terra. «Attraverso questa complessa analisi, abbiamo identificato piccoli eccessi di 142Nd nei campioni terrestri rispetto agli oggetti extraterrestri formatisi nei primissimi tempi del sistema solare», osserva la ricercatrice. Come spiega Boyet, il 142Nd è un elemento sistematico con una breve durata di vita che si forma dal decadimento del 146Sm, un altro elemento. Si tratta quindi di uno strumento potente per identificare eventuali processi di differenziazione avvenuti nei primi anni del sistema Solare. «Anche il più piccolo eccesso di 142Nd è la prova di una collisione che avrebbe causato un evento di erosione capace di rimuovere la crosta primordiale del pianeta, modificando sostanzialmente la maggior parte della composizione della Terra», afferma l’autrice. Secondo le simulazioni numeriche, sebbene tali collisioni non fossero così rare, mancava la prova del loro verificarsi. «Questo genere di collisione avrebbe distrutto la crosta primitiva che si era formata sulla superficie del pianeta durante la formazione, e ora abbiamo le prove di questo processo», osserva Boyet.

Nuovi dati sull’evoluzione planetaria

Il progetto ISOREE è riuscito ad accrescere la nostra comprensione di come si sono formati la Terra e il sistema solare. Nel farlo, ha anche sviluppato una tecnologia innovativa per lo studio degli elementi planetari e ha fornito nuovi dati sull’evoluzione dei pianeti, tutte informazioni che saranno messe a disposizione della comunità scientifica. Benché il progetto si sia concluso, il gruppo di ricerca prosegue nel suo lavoro. «Per comprendere meglio la formazione della Terra rispetto ad altri pianeti del sistema solare interno, dobbiamo aumentare il numero di campioni analizzati e includere campioni provenienti dalla Luna e da Marte», conclude Boyet.

Parole chiave

ISOREE, esopianeti, Terra, sistema solare, mantello, geochimica isotopica, spettroscopia, analisi isotopica

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