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Quantum magnetic sensing of neurons using nitrogen-vacancy centers in diamond

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Il neuroimaging quantistico potrebbe consentire una mappatura avanzata del cervello

Un gruppo di scienziati finanziati dall’UE sta lavorando a una nuova tecnologia quantistica che potrebbe migliorare la nostra conoscenza del cervello umano e contribuire a un miglioramento della diagnosi e del trattamento di gravi disturbi neurologici.

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Una migliore comprensione del cervello umano rappresenta tuttora una sfida dal punto di vista sia tecnico che scientifico. La tecnologia quantistica potrebbe consentirci di capire meglio il cervello attraverso metodi non invasivi e del tutto rivoluzionari per la scienza medica. Il progetto NEURONQ, finanziato dall’UE e promosso e coordinato presso l’Università Ben Gurion del Negev, in Israele, intende sviluppare le basi della tecnologia che potrebbe consentire di eseguire una mappatura dell'attività neurale. Il prof. Ron Folman, coordinatore del progetto, ha spiegato che, sebbene il suo team non sia ancora riuscito a costruire un prototipo di dispositivo funzionante, questo traguardo sarà raggiunto nel giro di qualche anno dal consorzio di laboratori europei attivi in questo settore. Un nuovo dispositivo per il neuroimaging L’attenzione dei ricercatori è rivolta allo sviluppo di un dispositivo di neuroimaging quantistico in grado di registrare l’attività neurale del cervello. L’estrema sensibilità di questa tecnologia consentirà ai ricercatori di analizzare i fenomeni cerebrali a livello subneuronale, neuronale e delle reti neurali. L’accesso a un tale sistema offrirebbe enormi vantaggi agli operatori sanitari, in quanto il dispositivo consentirebbe di rilevare e monitorare meglio il decorso di gravi disturbi neurologici, tra cui l’Alzheimer, nonché di sostenere l’ultriore ricerca accademica volta a comprendere meglio il cervello umano. I ricercatori prevedono due tipi di sensori, uno per la mappatura del cervello vivente dall'esterno del cranio e uno per la mappatura di una rete neurale sviluppata su una superficie a distanze molto ravvicinate dal sensore e in grado di garantire una risoluzione spaziale estremamente elevata. Nello specifico, il funzionamento del sistema si basa sullo sfruttamento di un difetto del diamante – il difetto azoto-lacuna (Nitrogen-Vacancy, NV) – in un dispositivo quantistico ultrasensibile. Il NV non è altro che una contaminazione incorporata nel reticolo degli atomi di carbonio che formano un diamante regolare. Questo dispositivo è in grado di rilevare campi magnetici ed elettrici esterni attraverso i suoi stati di spin, per la cui lettura ottica si utilizzano le risonanze degli spin degli elettroni. In presenza di attività neurale – o in caso di trasmissione di informazioni all’interno del cervello – viene prodotto un campo magnetico, che sarà utilizzato dal dispositivo per eseguire le attività di rilevamento e di mappatura. “La principale sfida consiste nell’ottenere livelli estremamente elevati di sensibilità per tempi di misurazione molto brevi e per volumi di rilevamento molto piccoli. Dal momento che l’impulso neurale dura solo 1 millisecondo, sarà necessario rilevarlo in questa finestra temporale e azzerare il rivelatore per l’impulso successivo,” ha spiegato il dott. Armin Biess, borsista Marie Curie e ricercatore capo del progetto NEURONQ. Quanto al secondo tipo di sensore, il professore ha aggiunto: “Dal momento che le dimensioni di ciascun neurone sono di pochi micrometri, dobbiamo fare in modo che la lunghezza di ciascun rivelatore abbia un valore equivalente, per far sì che un array di rivelatori possa individuare i segnali dei singoli neuroni. Solo così saremo in grado di ottenere una mappatura completa dell’intera rete e dei singoli componenti.” I vantaggi offerti dalle nuove tecniche Questi sensori potrebbero evitare il ricorso a costose macchine per la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica per immagini (RMI), grazie alla creazione di un dispositivo quantistico semplice ed economico in grado di registrare l’attività cerebrale senza causare perturbazioni. “Si auspica che il nuovo dispositivo non presenti gli stessi inconvenienti delle attuali tecniche di acquisizione delle immagini,” ha commentato il dott. Armin Biess. “Per esempio, le macchine RMI richiedono forti campi magnetici che ne impediscono l’utilizzo nei pazienti con apparecchi pacemaker. Mentre le macchine TC producono un’enorme quantità di radiazioni.” Il team del progetto prevede inoltre che la tecnologia potrebbe funzionare in condizioni ambientali normali, ovvvero senza richiedere temperature estremamente basse (come accade per i magneti della RMI o i sensori SQUID). Ciò la renderebbe una soluzione economica e di facile impiego, ideale per una possibile commercializzazione futura. Il team del progetto NEURONQ, che dovrebbe concludersi a maggio 2016, sta ora valutando insieme ad altri gruppi europei come passare al prossimo livello e realizzare i primi modelli funzionanti di un nuovo dispositivo che promette di approfondire la nostra comprensione del cervello umano.

Parole chiave

NEURONQ, cervello, TC, RMI, neuroimaging, tecnologie quantistiche, neuroni

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