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Ridurre il rischio di collisioni nello spazio attraverso una migliore modellizzazione della termosfera

Sono molte le cose che succedono nella nostra termosfera, dalle tempeste solari al lancio di un numero sempre maggiore di satelliti. Per evitare eventuali collisioni, gli operatori hanno bisogno di proiezioni accurate delle orbite e della variabilissima resistenza aerodinamica.

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La nostra atmosfera superiore, o termosfera, è molto tenue. Anche se le densità di massa sono più di un miliardo di volte inferiori rispetto alla superficie del nostro pianeta, la previsione della resistenza aerodinamica è particolarmente importante per gli operatori satellitari. Nell’orbita terrestre bassa, la resistenza aerodinamica è la fonte di errore dominante, poiché ricopre un ruolo centrale nella pianificazione della missione, nella previsione della traiettoria e del rientro del satellite, nonché nella pianificazione delle manovre evasive per evitare le collisioni. La Stazione spaziale internazionale viene manovrata circa una volta all’anno proprio per questo motivo. Sean Bruinsma, che lavora presso il Centro spaziale di Tolosa (CNES) in Francia, è responsabile della divulgazione del progetto SWAMI, sostenuto dall’UE. Secondo il ricercatore: «Oggi, il problema principale è prevenire le collisioni, e sarà un problema ancora più grande domani, dato che si stanno costruendo costellazioni di satelliti molto grandi, come Starlink. È chiaro che l’elevato numero di oggetti in orbita porterà a maggiori rischi di collisione». Per prevedere le probabilità di collisione è necessario un modello di densità accurato e previsioni affidabili dell’attività solare e geomagnetica. L’unico modello europeo di termosfera, il Drag Temperature Model, modello di temperatura della resistenza aerodinamica (DTM), ha un limite di altitudine di 120 km. È stato dunque necessario affidarsi ai modelli americani per i calcoli di rientro al di sotto di tale altitudine. «Ora, attraverso una combinazione di tabelle digitali delle medie mensili del modello unificato calcolate dal Met Office del Regno Unito, e un DTM aggiornato, abbiamo un modello atmosferico fino a circa 1 500 km. Questo modello, il modello climatologico MOWA (MCM), può essere utilizzato per le operazioni satellitari, compresi i calcoli di rientro», prosegue Bruinsma. «L’MCM rappresenta un significativo passo in avanti per l’indipendenza dell’Europa nelle operazioni spaziali, anche se la crisi dovuta alla COVID-19 ha fatto sì che non siamo così precisi riguardo alla zona di rientro come avevamo previsto».

Calcolo dell’effetto del vento solare

Il progetto SWAMI ha anche creato il nuovo indice geomagnetico Hpo, una variabile proxy per l’energia apportata all’atmosfera superiore dall’interazione con il vento solare. L’Hpo impiega intervalli di campionamento più brevi, 30 e 60 minuti rispetto ai 180 minuti dell’indice Kp usato in precedenza, e può rappresentare meglio le tempeste geomagnetiche. «La maggiore risoluzione temporale dell’Hpo rende possibile una modellizzazione più accurata della variabilità nella termosfera». «Nelle operazioni satellitari, le orbite degli oggetti devono essere previste da qualche giorno a diverse settimane prima. Questo richiede previsioni dell’attività solare e dell’attività geomagnetica sullo stesso periodo», nota Bruinsma. Per far questo, il progetto ha utilizzato l’apprendimento automatico e ha applicato un algoritmo specifico per ottimizzare la precisione durante le tempeste geomagnetiche.

Strumenti di analisi

I modelli MCM e DTM sono disponibili su Github e sono gratuiti per un uso non commerciale, oppure sotto licenza. I modelli sono strumenti operativi creati dal team SWAMI per essere implementati nel software di un utente. Le istruzioni per l’implementazione e i punti di riferimento sono forniti sul sito web di SWAMI e su Github.

Parole chiave

SWAMI, spazio, tempo, clima, solare, atmosfera, satelliti, orbita, termosfera

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