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Reshuffling genes and genomes: from experimental evolution to synthetic biology in plants

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Piante ingegnerizzate potrebbero diventare le fabbriche chimiche ecologiche del futuro

Le piante di sintesi possono essere rese più resilienti e persino produrre sostanze chimiche e biofarmaci ecologici. In tal modo, potrebbero contribuire a sfamare una popolazione in crescita e ad affrontare le sfide legate ai cambiamenti climatici.

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La biologia sintetica intende modificare gli organismi esistenti progettando sistemi biologici basati sulla tecnologia informatica e l’ingegneria. Uno degli approcci chiave di tale disciplina prevede la progettazione di genomi di sintesi e la loro introduzione nelle cellule. I genomi forniscono a un organismo tutte le sue informazioni genetiche. «Le piante sono obiettivi particolarmente interessanti per la biologia sintetica», spiega Ralph Bock, coordinatore del progetto GENEVOSYN e direttore presso l’Istituto Max Planck per la fisiologia vegetale molecolare, in Germania. «Prima di tutto, i genomi possono essere manipolati con relativa facilità. Inoltre, le piante possono tollerare cambiamenti anche molto consistenti nel loro genoma. Infine, l’elemento più importante: tutta la vita sul nostro pianeta dipende dai vegetali, i quali producono l’ossigeno che respiriamo e il cibo che mangiamo.» «Nell’ottica dell’attuale aumento della popolazione mondiale e delle sfide derivanti dai cambiamenti climatici, entro il 2050 la produttività agricola dovrà raddoppiare», osserva Bock. «È necessario scoprire nuove fonti rinnovabili per la produzione di sostanze chimiche e carburanti. Abbiamo urgentemente bisogno di nuove tecnologie, e la biologia sintetica può svolgere un ruolo importante in questo senso.»

Applicare l’ingegneria genomica

Il progetto GENEVOSYN, sostenuto dal Consiglio europeo della ricerca, si fonda sul lavoro pionieristico di Bock per lo sviluppo di strumenti utili a ingegnerizzare i genomi di due organuli cellulari (strutture che svolgono funzioni specifiche nelle cellule): i cloroplasti e i mitocondri. I genomi di questi due organuli sono molto più piccoli rispetto al genoma nel nucleo delle cellule vegetali. «Questo rende i cloroplasti e i mitocondri particolarmente adatti all’ingegnerizzazione genomica su larga scala ad alta precisione», spiega Bock. «Tale caratteristica ci permette di applicare approcci di biologia sintetica attualmente non impiegabili nel genoma nucleare.» Gli obiettivi del progetto erano numerosi. In primo luogo, Bock desiderava ingegnerizzare una nuova via metabolica nel cloroplasto per permettere la sintesi di un farmaco antimalarico chiamato artemisinina. In secondo luogo, intendeva sviluppare metodi per rendere il genoma dei mitocondri più accessibile alla manipolazione genetica. «Infine, desideravamo sfruttare la nostra scoperta, ovvero la possibilità di trasferire genomi interi tra specie vegetali diverse tramite impianto», afferma Bock. «La nostra idea era quella di sfruttare tale processo per generare nuove specie vegetali di sintesi.»

Piante come fabbriche

Il progetto, completato a marzo 2021, è riuscito a introdurre la via dell’artemisinina nei cloroplasti. Bock e il suo team sono riusciti nell’intento di dimostrare che questo farmaco così tanto necessario, che potrebbe salvare migliaia di vite, può essere prodotto in gran quantità nelle foglie di tabacco. «Le strategie e gli strumenti che abbiamo sviluppato nel corso del progetto sono ora pronti per essere applicati ad altre vie metaboliche», aggiunge Bock. Il gruppo di ricerca ha fatto progressi anche nell’ingegneria del genoma mitocondriale. «Dobbiamo ancora superare diversi ostacoli tecnici prima di inserire geni aggiuntivi nel genoma dei mitocondri», afferma Bock. Infine, il progetto è riuscito a generare numerose specie di sintesi, di cui il team sta attualmente analizzando la genetica, la fisiologia e il metabolismo. «Abbiamo scoperto che l’impianto può promuovere il trasferimento di materiale genetico tra specie diverse», osserva Bock. «Questo offre ai selezionatori un nuovo metodo per la produzione di nuove specie di colture con proprietà innovative.» In generale, il progetto GENEVOSYN ha evidenziato che la biologia sintetica ha le potenzialità per aumentare la sicurezza alimentare e che è possibile impiegare le piante come fabbriche per sintetizzare in maniera efficiente sostanze chimiche, biofarmaci e altri composti utili ecologici. Bock crede che questo sia solo l’inizio. «Tra le sfide future affrontabili attraverso la biologia sintetica vi sono, ad esempio, il miglioramento della fotosintesi e l’ingegnerizzazione di piante in grado di usare l’azoto nell’aria come fertilizzante», conclude.

Parole chiave

GENEVOSYN, agricoltura, sostanze chimiche, biofarmaci, genetico, sintetico, biologia

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