Impianti più sicuri per la riparazione endovascolare degli aneurismi
Per aneurisma aortico addominale (AAA) si intende una dilatazione o rigonfiamento dell’arteria principale che trasporta il sangue dal cuore alla parte inferiore del corpo. Quando la parete aortica si indebolisce e si espande oltre i 5 cm, è possibile che si rompa e causi di conseguenza una massiccia emorragia interna. «Gli AAA, che si sviluppano silenziosamente, sono molto spesso legati all’invecchiamento, al fumo, all’ipertensione e alla predisposizione genetica», spiega Ronit Harpaz, coordinatrice del progetto aortoseal(si apre in una nuova finestra) e co-fondatrice e CEO dell’impresa Endoron Medical(si apre in una nuova finestra). «Poiché i pazienti raramente avvertono sintomi prima della rottura della parete aortica, la diagnosi precoce risulta fondamentale; ciononostante, gli attuali programmi di screening in Europa sono tuttora incoerenti e spesso limitati a specifiche fasce di età, oppure gruppi di genere.» Oltre a ciò, la rottura degli AAA comporta un tasso di mortalità compreso tra l’80% e il 90%. Anche nel caso in cui ciò venga individuato, le attuali tecniche di riparazione endovascolare (EVAR, endovascular repair) possono fallire nel corso del tempo, mentre le perdite o la migrazione degli innesti di stent determinano la necessità di ripetere gli interventi. «Queste lacune mettono in evidenza la necessità di migliorare le diagnosi precoci e di garantire soluzioni di riparazione più durature», aggiunge Harpaz.
Una riparazione endovascolare sicura e protetta
Il progetto aortoseal, finanziato dal Consiglio europeo per l’innovazione(si apre in una nuova finestra), si propone di affrontare queste sfide con la finalità di rendere l’EVAR sicura e duratura quanto la sutura chirurgica aperta, combinando tecniche mininvasive con i vantaggi in termini di durata forniti dagli interventi chirurgici aperti effettuati mediante sutura cucita a mano. «Il nostro obiettivo finale era quello di eliminare le principali cause di insuccesso a lungo termine, ovvero la scarsa fissazione degli innesti di stent e l’inadeguata sigillatura del collo dell’aneurisma», spiega Harpaz. A tal fine, il progetto ha riunito chirurghi vascolari, ingegneri biomedici, ingegneri meccanici, ricercatori clinici e specialisti in materia di normativa europei e americani allo scopo di svolgere un lavoro i cui elementi chiave includevano la progettazione e l’ingegnerizzazione di un nuovo meccanismo di fissaggio e sigillatura a imitazione della sutura chirurgica.
Test preclinici e allineamento normativo
Il progetto ha effettuato test preclinici su modelli cadaverici e animali per confermare l’integrità del sigillo e la resistenza alla migrazione, conducendo successivamente valutazioni cliniche attraverso studi di fattibilità preliminari presso importanti centri europei e americani. «Ci siamo inoltre assicurati che queste innovazioni fossero in linea con le normative europee e con quelle statunitensi, in preparazione di uno studio clinico fondamentale», osserva Harpaz. «Ci siamo altresì occupati delle infrastrutture di produzione e formazione, in modo da garantire una qualità costante e un’adozione sicura in tutti i diversi siti.» Le prime procedure eseguite sugli esseri umani hanno contribuito a dimostrare la sicurezza del nuovo dispositivo e la sua capacità di assicurare la tenuta e il fissaggio attraverso un approccio mininvasivo, mentre non è stato osservato alcun problema di sicurezza in relazione allo stesso. «I dati clinici e quelli di laboratorio hanno messo in evidenza una maggiore resistenza alla migrazione e un minor numero di endoperdite, la principale causa di interventi secondari in seguito ad EVAR», afferma Harpaz. «Abbiamo ora stabilito un processo di produzione scalabile e un percorso di formazione per i medici.»
Affrontare le malattie dell’aorta addominale e toracica
Per i pazienti, un fissaggio e una sigillatura più resistenti dello stent si tradurranno in meno complicazioni e interventi ripetuti, migliorando così sia la qualità della vita che la sicurezza; per i sistemi sanitari, invece, riparazioni più durature contribuiranno a ridurre i costi complessivi associati ai trattamenti e gli oneri a lungo termine a carico dei servizi vascolari. «Questa innovazione amplia anche le opzioni endovascolari a disposizione dei pazienti attualmente esclusi dalla terapia minimamente invasiva», aggiunge Harpaz. La fase successiva sarà costituita da uno studio clinico multicentrico fondamentale in Europa e negli Stati Uniti volto a confermare i risultati a lungo termine; parallelamente, le capacità produttive verranno aumentate al fine di supportare una più ampia disponibilità clinica. «Un’ulteriore collaborazione con gli ospedali europei, le reti di ricerca e gli enti normativi contribuirà a integrare queste innovazioni nelle cure standard», afferma Harpaz, che conclude: «Ciò ci consentirà di andare verso un futuro in cui la riparazione endovascolare duratura sarà lo standard di riferimento per le malattie dell’aorta addominale e toracica.»