Ampliare i benefici dell’immunoterapia per i pazienti oncologici
Il blocco del checkpoint immunitario (ICB, immune checkpoint blockade) è un trattamento oncologico rivoluzionario che si basa sull’impiego di farmaci allo scopo di bloccare proteine note come checkpoint immunitari, le quali impediscono alle cellule immunitarie di colpire il tessuto canceroso. Nonostante gli ottimi risultati ottenuti da questa terapia, tuttavia, essa risulta utile esclusivamente a una piccola porzione di pazienti oncologici: l’ICB è infatti generalmente efficace solo nei tumori altamente visibili al sistema immunitario, come i carcinomi polmonari nei fumatori e i melanomi causati dall’esposizione ai raggi ultravioletti. Inoltre, il meccanismo alla base dell’ICB prevede il salvataggio di cellule T precedentemente attivate o il potenziamento delle risposte delle cellule T, ma queste terapie sono teoricamente in grado di colpire qualsiasi cellula T dell’organismo, comprese quelle che rispondono ai virus. «Questa mancanza di selettività è il motivo per cui il trattamento dell’ICB spesso provoca effetti negativi legati al sistema immunitario», spiega Noel de Miranda(si apre in una nuova finestra), docente associato di Immunogenomica del cancro presso il Centro medico dell’Università di Leiden(si apre in una nuova finestra). «Purtroppo, attualmente non abbiamo a disposizione alcun metodo affidabile che permetta di prevedere se, in un determinato paziente, l’ICB potenzierà principalmente le cellule T specifiche del tumore o influenzerà altre popolazioni di cellule T», aggiunge. Nell’ambito del progetto RARITY, finanziato dal Consiglio europeo della ricerca(si apre in una nuova finestra), la squadra di ricercatori guidata da de Miranda si è posta l’obiettivo di sviluppare strategie complementari all’attività dell’ICB, in modo da estendere i benefici dell’immunoterapia a una più vasta gamma di pazienti. «Ciò può essere visto come l’aggiunta di nuovi strumenti alla cassetta degli attrezzi dell’immunoterapia, rivestendo un’importanza particolarmente cruciale per i tumori che non rispondono alla terapia dell’ICB», afferma de Miranda.
Identificare le cellule immunitarie reattive al cancro
Nell’ambito del progetto RARITY, i ricercatori hanno combinato la ricerca fondamentale (preclinica) con quella traslazionale facendo ricorso all’impiego di dati e campioni di sperimentazioni cliniche. Innanzitutto, il team ha approfondito l’esistenza di marcatori specifici che consentano di identificare le cellule T specifiche del cancro, successivamente utilizzabili come prodotti terapeutici. In collaborazione con alcuni partner clinici, i ricercatori hanno inoltre cercato di individuare nuovi effettori cellulari della risposta all’immunoterapia analizzando campioni di pazienti trattati con il metodo dell’ICB. «Questo scambio bidirezionale tra il laboratorio e il contesto clinico costituisce l’ambiente di ricerca ideale per il nostro gruppo di ricerca», osserva de Miranda.
Contribuire allo sviluppo di immunoterapie innovative e alternative
RARITY ha dimostrato con successo che le cellule T specifiche del tumore sono presenti anche nei pazienti che attualmente non traggono beneficio dall’immunoterapia basata sul blocco del checkpoint. «Si tratta di una scoperta importante, in quanto suggerisce che questi pazienti potrebbero essere trattati con l’immunoterapia una volta individuato l’approccio ottimale per sfruttare queste cellule», spiega de Miranda. Il team ha per di più dimostrato che le cellule T specifiche del cancro possono essere distinte dalle altre cellule T, aprendo la possibilità di isolarle in modo mirato e di impiegarle ai fini dell’immunoterapia. RARITY ha inoltre messo in evidenza l’importanza rivestita da sottoinsiemi di cellule immunitarie meno noti e ha dimostrato il ruolo da essi svolto nelle risposte immunitarie dei pazienti sottoposti a immunoterapia basata sul blocco del checkpoint. Mentre la maggior parte della ricerca sull’immunoterapia si è tradizionalmente concentrata sui linfociti T convenzionali, questo indizio fornisce percorsi alternativi per le terapie volte a eliminare le cellule tumorali. Infine, RARITY ha contribuito allo sviluppo di numerosi approcci tecnologici attualmente applicati nel laboratorio di de Miranda, che forniscono approfondimenti senza precedenti sulla biologia del cancro e sulle interazioni esistenti tra cellule tumorali e cellule immunitarie. «Queste tecnologie ci collocano in una posizione privilegiata al fine di analizzare i meccanismi alla base delle risposte terapeutiche nei pazienti, consentendo in ultima analisi di favorire la progettazione di nuove strategie volte a migliorare l’efficacia del trattamento», aggiunge de Miranda.
Una conoscenza più approfondita della biologia tumorale
Il lavoro svolto nell’ambito di RARITY proseguirà nel laboratorio di de Miranda, sostenendo lo sviluppo di nuove immunoterapie e analizzando i meccanismi di risposta nei pazienti sottoposti a immunoterapia. «Inoltre, continuiamo a sfruttare tecnologie avanzate con l’obiettivo di approfondire la comprensione della biologia tumorale», conclude de Miranda.