I segreti del termostato del corpo potrebbero dare il via a innovazioni nel campo della salute
Nonostante siano esposti a temperature molto variabili, i mammiferi riescono a mantenere la loro temperatura corporea interna (Tcore) intorno ai 37 °C, grazie al ruolo fondamentale svolto dall’area preottica dell’ipotalamo nel cervello. «Sebbene sia noto che alcuni processi di bilanciamento termico richiedono combustibile metabolico, ad esempio per i brividi o l’attivazione del grasso bruno, il modo esatto in cui ciò avviene, soprattutto per periodi di tempo prolungati, rimane un mistero», afferma Jan-Erik Siemens(si apre in una nuova finestra) del progetto Acclimatize, finanziato dal Consiglio europeo della ricerca(si apre in una nuova finestra) (CER). Per far luce sulla questione, il progetto Acclimatize ha beneficiato della recente identificazione da parte del team del primo sensore molecolare di temperatura conosciuto(si apre in una nuova finestra) all’interno dei neuroni termoregolatori dell’area preottica dell’ipotalamo, un canale ionico termosensibile noto come potenziale recettore transitorio melastatina 2 – TRPM2(si apre in una nuova finestra). Questa scoperta ha permesso al team di condurre esperimenti di stimolazione termica dell’area preottica dell’ipotalamo in vivo sui topi, esplorando il funzionamento dei neuroni termoregolatori, utilizzando TRPM2 come marcatore molecolare. «Oltre a dimostrare come uno specifico gruppo di cellule cerebrali risponde al calore, le nostre scoperte sulle temperature fluttuanti delle strutture cerebrali profonde hanno implicazioni di ricerca di ampio respiro», osserva Siemens della Facoltà di Medicina dell’Università di Heidelberg(si apre in una nuova finestra), sede del progetto.
Dall’omeostasi termica acuta all’acclimatazione termica a lungo termine
Acclimatize era meno interessato ai processi meglio compresi di regolazione della temperatura corporea in acuto o a breve termine, e più a come i mammiferi lo fanno su periodi più lunghi. «La maggior parte dei mammiferi è in grado di adattarsi ai cambiamenti di temperatura per lunghi periodi di tempo, solitamente da settimane a mesi: basti pensare a come ci abituiamo all’aumento delle temperature durante l’estate», aggiunge Siemens. Era noto, ad esempio, che i topi perdono il grasso bruno, il loro principale organo di riscaldamento, quando si adattano a temperature più calde, il che solleva alcune domande: questo processo è orchestrato dal sistema nervoso e, in tal caso, in che modo? Per indagare, il team ha visualizzato alcuni neuroni nell’area preottica dell’ipotalamo, quindi ha lasciato che i topi si acclimatassero a temperature più calde in incubatori, prima di utilizzare tecniche neurofisiologiche per cercare la plasticità sinaptica, trovando poche prove. «Ma abbiamo trovato un’attività significativamente maggiore in questi neuroni termoregolatori, che aumenta nel tempo. Sorprendentemente, nonostante si trovino in profondità nel cervello, sembravano seguire la temperatura corporea. Un’ipotesi è che il flusso sanguigno nel cervello colpisca per prima l’area preottica dell’ipotalamo, trasportandovi il calore», spiega Siemens. Grazie a questa scoperta, il team ha trovato per la prima volta, una molecola chiave per l’acclimatazione al calore(si apre in una nuova finestra), costituita da canali ionici NaV1.3 cruciali per l’aumento dell’attività neurale, che sembra preparare gli organi periferici al calore.
Implicazioni per la scienza biomedica
Il progetto Acclimatize ha offerto l’opportunità di esplorare ulteriormente i legami tra il meccanismo di acclimatazione e il metabolismo energetico, prestando particolare attenzione all’obesità. «La ricerca è ancora in corso e non possiamo ancora trarre conclusioni definitive ma sembra probabile che l’acclimatazione al calore possa contrastare alcune forme di obesità, almeno nei topi», spiega Siemens. Secondo Siemens, se confermata, questa scoperta potrebbe portare a due possibili strade terapeutiche. Innanzitutto il calore generato dagli ultrasuoni focalizzati per raggiungere la profondità del cervello potrebbe essere sfruttato per modulare l’attività neuronale dell’area preottica dell’ipotalamo, imitando i benefici per la salute dell’acclimatazione termica per l’obesità. In secondo luogo, si potrebbe sviluppare un farmaco che utilizzi la capsaicina(si apre in una nuova finestra) (la componente piccante del peperoncino) per attivare i recettori periferici del calore, i cui segnali risalgono fino all’area preottica dell’ipotalamo per attivare i neuroni di acclimatazione al calore. Inoltre, ispirandosi al progetto Acclimatize, Siemens sta studiando come il processo di acclimatazione al calore possa aiutare le persone a rischio cardiovascolare, ad esempio durante le ondate di calore. «Chiedersi come possiamo imitare clinicamente i benefici dell’acclimatazione al calore è una nuova area molto interessante che deriva da questa sovvenzione del CER», conclude Siemens.